La frenologia è una dottrina medico-scientifica inaugurata a Vienna dal medico tedesco Franz Joseph Gall alla fine del XVIII secolo ed applicata soprattutto al trattamento della “follia”: il suo postulato fondamentale è la suddivisione della massa corticale in un certo numero di funzioni cerebrali tra loro indipendenti e responsabili dello sviluppo (più o meno ampio) delle facoltà mentali di ciascun individuo.
Le intuizioni frenologiche ebbero rapida diffusione in Europa e in America fino alla seconda metà del XIX secolo, quando, con l’affermarsi della nuova fisiologia cerebrale, si assistette a una progressiva sfiducia sulle potenzialità di una dottrina, sempre più spesso accostata – neanche troppo velatamente – alle “false scienze”.
Il “secolo dei manicomi”: è questa la singolare definizione dell’Ottocento. Un secolo certamente caratterizzato dalla stretta relazione tra la prima rivoluzione industriale, la categorizzazione della follia, l’affermazione della psichiatria come scienza autonoma e la rapida diffusione, tra il 1810 e il 1840, in molti stati d’Europa, di queste nuove istituzioni per la contenzione dei folli.
Il dibattito animato da alienisti, frenologi e giuristi intorno alla monomania istintiva finì per orientare un cambio di paradigma nell’accertamento processuale della cosiddetta follia criminale, attraverso un percorso che ha poi condotto, verso la fine del XIX secolo, alle dottrine orientate a disancorare la punizione del soggetto criminale dal danno prodotto, per collegarla alla criminalità “naturale” rappresentata dalla sua moralità o anormalità.
Il folle, così come il delinquente e l’immorale, è colui che trasgredisce, che viola le norme ponendosi in contrasto con i modelli di condotta condivisi dalla società, con ciò che è considerato l’ordine sociale, per questa ragione riceverà uno stigma, un marchio per sancire la sua diversità che finirà per delineare l’alterità della follia rispetto all’idealità della ragione.
Sarà, quindi, il criterio della pericolosità sociale, che peraltro rappresenterà uno dei pilastri nella costruzione del sistema penale contemporaneo, ad ispirare la sovrapposizione tra diritto penale e quello che possiamo definire “diritto alla follia”.
Contributi di Antonio Tisci, Amalia Franciosi, Carmen Di Carluccio, Francesca Canale Cama, Marianna Pignata, Antonella Argenio, Caterina Scialla, Gisella Emma Comes.
Diritto alla follia
Itinerari storico-giuridici dell'insania
a cura di Carmen Saggiomo - Caterina Scialla - Antonio TisciAnno di pubblicazione: 2022
Formato: 184 p. /b. n.
Collana: quaderni di heliopolis
ISBN: 9791280633118
15,00€
Informazioni aggiuntive
Autore | Tisci Saggiomo Scialla |
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Biografia del curatore
Carmen Saggiomo è professore associato di Lingua e Traduzione francese presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.
La sua ricerca riguarda la teoria e la critica della traduzione, gli studi terminologici e lessicografici (con particolare riferimento al diritto e alla politica) e il rapporto tra lingua francese e istituzioni nel loro sviluppo storico. Si occupa, inoltre, di politiche linguistiche e dei relativi profili giurilinguistici.
È membro del Direttivo de La Renaissance Française-Italie e della Commission des prix littéraires de La Renaissance Française. Ha fondato e co-dirige, con M. Denis Fadda, la Collana Un coup de dés. Cahier de culture française, francophone et maghrébine (Parigi, LRF).
Caterina Scialla è assegnista di ricerca in Diritto penale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.
Dottore di ricerca in Internazionalizzazione dei sistemi giuridici e diritti fondamentali, si interessa delle tematiche attinenti ai sistemi punitivi, penali e amministrativi, rivolti alle società e al rispetto delle garanzie della materia penale.
È visiting scholar presso il Centre for Financial and Corporate Integrity, Faculty of Business and Law - Coventry University (UK) e ha condotto periodi di studio in Germania presso la WWU Universität di Münster (DE).
Antonio Tisci è professore associato di Storia del diritto medievale e moderno presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, dove, oltre ad essere vicedirettore, insegna Storia delle Costituzioni, Storia delle Codificazioni e Storia delle Istituzioni politiche.
Conduce ricerche sulla storia del diritto in età medievale e moderna attraverso l'analisi delle istituzioni politiche, degli apparati giudiziari e degli orientamenti della cultura giuridica in ambito italiano e europeo.
È direttore del Master in Pubblica amministrazione: innovazione tecnologica, digitalizzazione e governo del territorio e componente del Collegio dei docenti del Dottorato di Ricerca in Diritto Comparato e Processi di Integrazione dell'Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.
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